Il 16 Gennaio 1919 iniziò negli Stati Uniti l’epoca del proibizionismo: il governo sancì una legge che vietava la produzione, la vendita e il consumo di alcolici di ogni tipo. Le imposizioni così rigide erano dovute dal fatto che l’abuso di alcol portava a gravi conseguenze nella collettività, soprattutto nella popolazione maggiormente caratterizzata da povertà e criminalità.
L’epoca del Proibizionismo si chiuse solo il 5 Dicembre 1933, per ben 13 anni vendere, somministrare, importare e trasportare sostanze alcoliche fu illegale.
La conseguenza di questo regime così rigido fu la nascita del fenomeno del contrabbando e la nascita del mercato nero, con numerosi laboratori clandestini in cui venivano prodotti distillati e alcolici in genere, spesso di qualità molto scarsa. Questo clima favorì quindi il grande successo dell’illegalità: i gangster italoamericani come Al Capone e Lucky Luciano fecero grandi affari, si arricchirono e divennero popolari icone del tempo, delle vere e proprie glorie immortali del contrabbando e della criminalità.
Inizialmente alcuni negozi e rivendite comuni iniziarono a rischiare la vendita sotto banco di poche bottiglie di alcolici a prezzi altissimi, vendendole solo a persone di fiducia; successivamente nacquero dei locali clandestini che si nascondevano nel retrobottega di una drogheria, nello sgabuzzino di un barbiere con porticine nascoste, ai piani alti di alcuni hotel, nascosti da passaggi segreti e soprattutto sotto terra, negli scantinati, dove si accedeva da entrate e porte segrete ben nascoste.
Questi locali presero il nome di “speakeasy” che significa letteralmente “parla piano” in quanto era richiesto ai clienti di non parlare a voce alta e di non fare chiasso, per non attirare l’attenzione delle autorità e delle forze dell’ordine. Il fenomeno si allargò talmente tanto che ben presto, nella sola città di New York, nacquero più di 30.000 speakeasy!
In questi locali segreti si bevevano sia miscele di alcol proveniente dai Caraibi e importato facendolo sbarcare di contrabbando, come il Rum e la Tequila, ma soprattutto alcolici di produzione locale a basso costo, come il Whiskey bianco (simile ad una sorta di vodka di segale e mais, non invecchiata). Prodotti molto scadenti e che necessitavano di abbondanti correzioni, come sciroppi, zucchero, succhi di frutta e bevande gassate per essere bevuti.
Esistevano varie tipologie di speakeasy: locali brutti, bui e sporchi per la massa di gente e locali suggestivi e curati, con sottofondo di musica jazz per i più ricchi.
Ciò che accomunava tutti questi locali dove ci si radunava all’epoca del divieto era il concetto di non dare nell’occhio e soprattutto di consumare l’alcol di fretta per evitare di essere scoperti e catturati dalla polizia.
Prima del Proibizionismo, nei bar americani, i barman servivano cocktail con prodotti freschi e di qualità, ben misurati, preparati con cura, con un’ampia scelta. Il divieto cambiò tutto, interrompendo tutti i progressi ottenuti fino ad allora: il bere miscelato si trasformò in semplici cocktail diluiti con succhi o altri prodotti limitandosi spesso ad ottenere una “bevanda corretta”, la maggior parte dei barman qualificati furono costretti a cambiare professione, altri andarono a lavorare nei bar europei, mentre alcuni decisero di continuare il loro mestiere, come meglio potevano, aprendo gli speakeasy.
Questo passaggio dal consumo di drink ben fatti e ben proporzionati, alle bevande alcoliche illegali diluite alla meglio e senza particolare cura, ha fatto sì che nascessero numerosi nuovi cocktail, molti dei quali vengono serviti ancora oggi, sulla base delle abitudini che sono sorte durante il proibizionismo!
Questo contesto storico fu determinante per la storia della mixology; nacquero nuovi cocktail creati appositamente per mascherare i prodotti alcolici che avevano a disposizione, di qualità molto scandente, rendendoli bevibili e in alcuni casi camuffandoli per bevande analcoliche, servendoli ad esempio in ampie caraffe o in tazze, per simulare il servizio di un tè.
Molti drink di questa epoca arrivano fino ai giorni nostri e sono tutt’ora serviti nei bar di tutto il mondo, seppur con alcune rivisitazioni.
Alcuni cocktail nati nel periodo del proibizionismo…
Cocktail molto semplice da eseguire, tramite l’utilizzo dello shaker. Originariamente il bicchiere di servizio veniva bordato con lo zucchero, la sua particolarità riguarda il contrasto e l’equilibrio dolce-acido che lo rendono molto beverino.
Variante del cocktail Sidecar, ma con l’utilizzo insolito di due basi alcoliche, aggiungendo alla ricetta il rum per dare un tocco esotico al drink.
La sua traduzione letterale significa “Fra le lenzuola”, forse per rendere l’idea ai suoi clienti che se si esagera con questa miscela si rischia di finire presto a letto, a dormire sonni profondi.
Drink dedicato alla nota attrice del cinema muto di Hollywood di grande successo negli anni ’20.
Questo cocktail veniva servito con estrema facilità negli speakeasy grazie al suo colore che ben camuffava l’alcol all’interno delle caraffe dove veniva preparato. I vari distillati infatti, mischiati con lo zucchero, il limone e della Coca Cola, rendevano questo cocktail identico ad un classico tè freddo!
Questo cocktail ha origini molto antiche, pare sia nato intorno al 1862, originariamente conosciuto come Whisky cocktail. Divenne molto popolare durante il proibizionismo, sempre con la stessa funzione: mascherare il Whiskey di pessima qualità con soda e aromatizzarlo con zucchero e Bitter per renderlo più bevibile. Talvolta, allo stesso scopo, assieme alla zolletta di zucchero venivano pestate anche delle fette di arancia o altri agrumi, oppure delle ciliegine al maraschino o altra frutta. Questa variante riusciva inoltre a renderlo più adatto anche ad un pubblico femminile.
Letteralmente significa “le ginocchia delle api”, un gergo dell’era proibizionista che stava a significare “il meglio” e che ovviamente faceva riferimento al miele, ingrediente fondamentale del cocktail.
Quest’ultimo veniva utilizzato, in dose piuttosto abbondante, per coprire l’odore ed il gusto dei pessimi Gin dell’epoca! Attualmente si prepara sostituendo il miele puro con l’Honey mix, in modo da amalgamarlo con più facilità.
I cocktail criminali…
I cocktail criminali sono legati alla volontà di rendere omaggio ai protagonisti dell’epoca: i gangster, i quali erano noti per le frequenti apparizioni notturne nei locali segreti, spesso considerati come dei veri e propri “uffici” dei boss. Quest’ultimi divennero molto riconoscibili per l’abbigliamento elegante e costoso, per lo sfoggio di gioielli e di armi da fuoco. I drink al loro dedicati prevedono l’utilizzo del liquore italiano Amaretto, in onore dei boss criminali italo americani, in particolare Al Capone e Jackie D’amico.
Cocktail di facilissima e rapida produzione. God father significa “padrino”, in omaggio alla figura criminale del padrino, in senso generale.
Versione leggermente più leggera e quindi più adatta ad un pubblico femminile.
Sembra infatti che questo cocktail sia infatti un omaggio alle cosiddette “donne d’onore”, cioè le mogli dei boss mafiosi che venivano temporaneamente o definitivamente incarcerati.
Molto spesso infatti, in questi casi, le donne prendevano il posto dei loro uomini, diventando a tutti gli effetti “il capo” e talvolta effettuando vendette per conto dei mariti.
La fine dell’epoca del proibizionismo
Il 5 Dicembre 1933 si chiuse questa epoca, dopo ben 13 anni, e gli americani potettero nuovamente tornare a bere i loro cocktail legalmente. Iniziò così una grande rinascita dei bar, tuttavia molti abili baristi si erano trasferiti in Europa o avevano cambiato mestiere, i giovani barmen, invece, non possedevano specifiche tecniche e competenze nella miscelazione, e molte ricette dei barman anziani, più esperti, erano ormai andate perse. Inoltre, in questo contesto, la maggior parte degli americani, cresciuti con gli speakeasy, conosceva solamente i cocktail prodotti in quel periodo, caratterizzati da prodotti di scarsissima qualità; erano molto diffusi quindi pessimi baristi e clienti che non sapevano e non conoscevano le caratteristiche di un buon cocktail. Questo periodo post proibizionismo infatti, portò avanti nella miscelazione la mentalità e le abitudini delle generazioni che erano affezionate a chiedere “Rum e Coca”, “Whisky e soda”, “Gin e Tonica”, Vodka e cranberry” e simili.
Gli Speakeasy di oggi!
In questa storia violenta e romantica, alcolica e illegale, caratterizzata da ambienti suggestivi e trasgressivi, nasce la grande tendenza di ricreare gli speakeasy nella mixology contemporanea!
I novelli speakeasy, chiamati anche secret bar, non prevedono nessun indirizzo preciso ma solo indizi approssimativi (“in zona…”), non hanno numero di telefono o pubblicità di rilievo, spesso sono situati in locali interrati o seminterrati, ci si arriva principalmente tramite passaparola grazie alla “dritta” dell’amico, non hanno insegne e ingressi tipici di un locale, ma piccole porte segrete o nascoste da finte pareti dove si entra spesso suonando un campanello oppure con una sorta di parola d’ordine.
Si rivive a ritroso l’epoca del proibizionismo, l’atmosfera è intima, caratteristica, decisamente retrò, le luci sono soffuse, talvolta prevale la penombra, la carta dei cocktail spesso è curatissima.
Solitamente i salotti sono arredati sia con tavoli che con sedie imbottite antichi, di varie forme e dimensioni, candele, candelabri, quadri dalle vistose cornici dorate, lampade soffuse, carta da parati di colore scuro, oppure teschi o teche per mantenere un’atmosfera “tetra” e cupa, il banco bar è rigorosamente in legno, con i classici sgabelli.
Spesso questi locali sono animati da musica jazz o blues, a volte possiamo trovare musica dal vivo dello stesso genere oppure spettacoli a tema, come ad esempio il Burlesque.
Al giorno d’oggi sono molti i locali, sia in Italia che nel mondo, che si ispirano all’epoca del proibizionismo e se ne stanno nascosti in attesa di essere scovati da tutti gli amanti del mistero e dei cocktail!